
In tutti questi anni non mi sono mai chiesto davvero che sogni avesse mio padre da bambino. Eppure, quando ho visto una sua fotografia da ragazzo, steso sul letto, con lo stereo accanto ed una rivista in mano, non ho potuto fare a meno di chiedermi se quel ragazzo oggi potrebbe dire di aver realizzato i suoi sogni.
Non potrò mai saperlo davvero, ma dopo aver visto una ad una più di quattromila diapositive scattate lungo una vita intera, credo che la risposta a questa domanda non sia più così importante, perché ho capito che un uomo che ha il coraggio di sognare e di inseguire il proprio cuore non può avere rimpianti. I sogni non sono fatti solo per essere realizzati, ma anche per ispirare quelli degli altri. E, così, ho capito anche che è questo il dono più grande che mi abbia mai fatto, permettermi di sognare. Se io oggi ho il coraggio di ascoltare il mio cuore, lo devo a lui.
Lele ha trascorso una vita felice, piena, unica. E ora lo credo non perché l’abbia capito, ma perché l’ho ricordato. La sua malattia, il suo tumore, me lo aveva fatto dimenticare, ma attraverso le sue foto, i suoi occhi, ho visto di nuovo mio padre ridere di gusto, viaggiare verso posti incredibili, conoscere persone fantastiche, vivere avventure irripetibili, amare una donna stupenda ed essere fiero dei propri figli, ed oggi ne sono pienamente consapevole.
Quello che non dobbiamo mai permettere è che il male prevalga sul bene. Un dolore come quello che ha sopportato Lele, che tutta la nostra famiglia ha dovuto attraversare, non deve mai farci dimenticare tutto l’amore del quale siamo circondati. Questa mostra è un omaggio a lui, all’uomo e padre che è stato, alla tigre che ha deciso di essere nel momento più difficile della sua vita. Ho sempre guardato la sua foto nel deserto vedendo solamente un ragazzo con una maglia a righe ed una moto gialla. Se la guardo ora, vedo gli occhi felici di mio padre ed uno zaino rosso pieno di sogni.



