
Sono convinto che non servano grandi cose per dimostrare di amare davvero qualcuno. Lele ha sempre avuto un modo tutto suo di dimostrare affetto, senza proclami, senza gesti eclatanti. Il suo modo di amare era standoti vicino, una presenza quotidiana e costante che mi ha sempre fatto sentire protetto. Per questo, anche un gesto semplice e banale come prendermi per mano quando ero bambino, diventata una immensa dimostrazione d’affetto, e a me riempiva il cuore ogni volta.
Quando ci ha detto della malattia, ci ha fatto capire che eravamo al sicuro, che ci avrebbe protetto dal mondo là fuori. Mentre noi tremavamo di paura per il buio, lui ha acceso una torcia e ci ha presi per mano. Ha voluto custodire con gelosia il suo dolore, il nostro dolore, come se anche quello avesse un valore da preservare, perché riguardava noi, la nostra famiglia. Così, ci siamo fidati, come sempre, e dal primo giorno abbiamo rispettato la sua riservatezza, chiudendoci in una bolla che ci ha uniti ancora più di prima.
La sua mano l’ho cercata ogni giorno su quel letto di ospedale, perché era il mio appiglio, quel tentativo disperato di tenerlo con me, per sempre. E credo davvero che abbia funzionato, perché tutto l’amore che mi ha dato, del quale mi ha imbevuto, oggi lo sento esplodere parlando di lui.
L’amore silenzioso è potente, perché non ha bisogno di nessun mezzo per palesarsi, non deve essere urlato, non fa rumore. E dovremmo imparare a farlo più spesso, l’amare in silenzio: guardarci negli occhi, prenderci per mano, abbracciarci, baciarci. Dimostrarci quanto siamo importanti senza regali, senza tante parole, spesso inutili. Perché l’amore, quello vero, non deve essere spiegato.







