Lele e Paolo impiegarono mesi a preparare le moto, pianificare gli spostamenti e radunare una ciurma, oltre a fare i conti con le proprie risorse finanziarie. La Parigi-Dakar era infatti un’avventura emozionante e ricca di fascino, ma richiedeva una enorme disponibilità finanziaria per l’iscrizione e la preparazione dei propri mezzi, spesso frutto di interventi di sponsorizzazione. C’è però chi non si accontentava di sognare quella grande avventura e, munito solo di grande coraggio e un pizzico di incoscienza, decideva di tentare la grande impresa con una semplice moto da cross elaborata nel proprio garage.

Esattamente quarant’anni fa, il 28 dicembre del 1985, Raffaele Barbieri (un perito agrario), Paolo Caprioni (un parrucchiere), Marco Stefani (un architetto), Mauro Ghermandi (un rappresentante vinicolo) e Alberto Dalmonte (un meccanico) partirono per un’avventura che venne definita da tutti “clandestina”. Con loro, due Moto Morini, una Yamaha Ténéré e una Renault 4 stracolma di pezzi di ricambio e di provviste.

Come Lele ci racconta nel suo diario, il viaggio si rivelò pieno di insidie e difficoltà. Dopo decine di giorni trascorsi nel deserto, tra guasti ai mezzi, scarsità di benzina e viveri e seri problemi di salute, i ragazzi furono costretti a terminare anzitempo il tragitto che si erano prefissati, rinunciando al loro sogno di raggiungere il Lago Rosa.

Ma con grande sorpresa, al ritorno a Conselice non trovarono solamente i loro cari ad aspettarli, ma una piazza piena di gente che li applaudiva, radunata dal Moto Club del paese. Inconsapevolmente, si erano fatti portavoce di una generazione intera, diventando gli eroi di tanti ragazzi che non avevano paura di sognare. Oggi, quello che avevano fatto potrebbe sembrare un semplice viaggio in moto, ma nel contesto degli anni Ottanta si trasformò a tutti gli effetti in un’impresa fuori dal comune. Quello che avevano fatto era roba da matti.

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