La «Dakar» del conselicese Raffaele Barbieri
Articolo di Renzo Rossi per Carlino Romagna del 30 gennaio 1986
Ha fatto rientro alcuni giorni fa in paese, reduce della Parigi-Dakar, anche Raffaele Barbieri, il trentatreenne perito agrario conselicese che aveva deciso di partecipare da privato al terribile rally africano. L’intraprendente romagnolo, che si era imbarcato a Genova con la sua Morini 500 bicilindrica, aveva poi raggiunto la carovana del rally nella località algerina di Ghardaia, al termine della seconda tappa africana.
Insieme a lui erano partiti anche Marco Stefani, un architetto vicentino di 32 anni (con una Kawasaki) e Mauro Ghermandi, un rappresentante di vini di Molinella ventisettenne (con una Morini 500); una Renault 4 che serviva da mezzo di assistenza completavano la spedizione Paolo Caprioni, un parrucchiere di Conselice di 27 anni e Alberto Dalmonte, un meccanico di Imola.
«L’avvio – ci riferisce Raffaele – è stato incoraggiante ed abbiamo percorso i 580 chilometri fino a El Golea ad una notevole velocità. Anche la tappa che portava a In Salah, quasi tutta in altopiano, non mostrava particolari difficoltà. Purtroppo, proprio in prossimità dell’arrivo un guasto ad un ammortizzatore della Renault 4 faceva saltare il nostro piano di marcia.
Abbandonata così l’auto si decideva di proseguire caricando pochi cibi ed indumenti sui portapacchi delle moto, mentre Alberto poteva beneficiare di un passaggio proprio sull’elicottero personale di Thierry Sabine e Mauro, ceduta la moto a Paolo, trovava posto su un camion della Iveco».
Prosegue ancora Raffaele: «Il percorso, intanto, si faceva tutto montagnoso con piste trasformate in pietraie spaventose; a Tamanrasset siamo giunti dopo una lunga serie di incidenti e cadute. Dopo la successiva durissima tappa della scalata all’Assekrem, mercoledì 8 gennaio la carovana prendeva il via alla volta di Agadez, nel Niger.
I gravi problemi che ormai ci affliggevano ci hanno a questo punto sconsigliato di proseguire fino ad Agaden: le moto erano mal ridotte, scarseggiavano benzina e viveri ed inoltre il nostro compagno Marco si trovava in precarie condizioni fisiche per una seria infezione ad un braccio, derivata dalla puntura di un insetto.
Abbiamo così ripresa la strada per In Salah, dove Marco è stato ricoverato per due giorni in ospedale e dove abbiamo provveduto a riparare la Renault 4. Ci siamo poi diretti verso El Golea affrontando una tempesta di sabbia per oltre 200 chilometri. Dopo El Golea, in prossimità di Quargla, abbiamo incontrato un accampamento italiano dove la ditta faentina Bentini sta costruendo il basamento di una antenna televisiva per la BBC: qui un medico ha portato altre cure a Marco.
Con ulteriori cinque tappe abbiamo finalmente raggiunto Tunisi, per imbarcarci quindi per Genova».
Gli chiediamo cosa pensi questa esperienza e se la rifarebbe. «È una prova indubbiamente ardua e che impegna uomini e mezzi al limite delle loro possibilità, ma io ed i miei amici siamo pronti a ripetere l’impresa: occorrerebbero però una grossa organizzazione alle spalle e soprattutto un mezzo di assistenza particolarmente efficiente ed in grado di affrontare le continue insidie delle piste desertiche».
In attesa, Raffaele ed i suoi amici stanno pensando ad un’altra allettante impresa: l’attraversata, da costa a costa, degli Stati Uniti. Un’altra avventura ricca di fascino, per chi dell’avventura ha fatto una ragione di vita.