Io e Lele siamo sempre stati due mari che non si mescolavano, così diversi ma profondamente uguali. Una calma piatta che può esplodere nella tempesta, un blu scuro che nasconde tutto quello che c’è sul fondo.

I pomeriggi d’estate, quando andavamo in ferie, li passavamo al mare, in campeggio. Lele piantava l’ombrellone, ogni volta inventandosi qualcosa per non farlo volare via, e tutti insieme ci mettevamo sotto la sua ombra. Il pomeriggio, dopo pranzo, mi appisolavo sempre sul suo petto e dormivo per ore. Ora, quando cerco un senso di pace, penso a quel momento. Perché tra i suoi peli del petto biondi, il profumo della sua pelle ed il rumore del mare, so di essere al sicuro.

Quello di aprile 2023 credevo fosse il compleanno più triste che potessi passare, invece non mi rendevo conto che mio padre mi stava facendo un ultimo regalo, il più grande e bello che potessi ricevere. Un ultimo giorno a casa, tutti insieme. Purtroppo l’ho capito con il tempo.

Per un attimo, durante l’alluvione, ho pensato davvero che quando l’acqua se ne sarebbe andata, quando tutto sarebbe finito, mio padre sarebbe tornato a casa. Mi sono reso conto presto di quella che fosse la realtà, e da quel momento non ho più sperato veramente che l’alluvione finisse. Più l’acqua scendeva, più il fango si puliva, e più io mi rendevo conto che tutto sarebbe cambiato, che quello che c’era sul fondo non sarebbe più stato quello che ricordavo.

Quando Lele se n’è andato, il mondo attorno a me si è fermato, ed io con lui. Il male che mi ha attraversato mi ha insegnato che la felicità non è scontata, e quando si è felici, anche solo per un attimo, bisogna farci caso. E così mi ritrovo sempre a cercare il mare, lo guardo e mi tranquillizzo. L’acqua è di quel blu scuro che riconosco, e non piena di olio e fango. Quel mare, papà, mi ricorda di te.

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