
Sono cresciuto con i racconti di mio padre dei suoi viaggi nel deserto, e così, da bambino lo guardavo come un mito che in sella ad una moto sgangherata, con uno zaino in spalla ed un sacco a pelo nel porta pacchi, attraversa il deserto con i suoi amici. Ho vissuto tutta la mia infanzia con una convinzione: papà era il mio supereroe.
Ma esiste davvero un momento in cui possiamo dire di essere diventati grandi? Io credo di sì, e per me quel momento è arrivato il 20 maggio del 2023. Per la prima volta nella mia vita, ho realizzato che non poteva vincere ogni battaglia, arrivare primo ad ogni gara. Ho capito che era umano, che soffriva, e in un istante la mia vita è stata divisa in un prima e in un dopo.
Lele oggi non è più un eroe ai miei occhi, ma un poeta. Perché quando se ne va un poeta quel che rimane non sono solo favole da tramandare, gesta da emulare, ma qualcosa di più profondo e misterioso. Se oggi guardo le sue foto, non vedo paesaggi, persone. Vedo colori, vita. Vedo un ragazzo che aveva dei sogni e ha fatto di tutto per realizzarli, vedo un uomo che sapeva amare e si è tenuto stretto le persone alle quali teneva, vedo un padre che ha fatto di tutto per proteggere la sua famiglia. Nel momento più difficile della sua vita è stato una tigre che, nella sua libertà, ha scelto di essere forte. Perché è nelle situazioni più buie che siamo in grado di tirare fuori qualcosa che non crediamo nemmeno di avere dentro. Essere una tigre significa saper lottare con coraggio ed eleganza. Esserlo nel deserto significa che anche nella desolazione esiste un motivo per continuare a combattere.
Allora forse è proprio questo il significato di tutto quanto: i sogni che teniamo dentro lo zaino, la bellezza collaterale che troviamo nelle piccole cose, la pace interiore che sentiamo fermandoci a guardare il mare o perdendoci nel deserto. Ancora una volta ho imparato qualcosa. Papà, mi hai insegnato la libertà.








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