Ad un primo sguardo, Lele non sembrava una persona delicata. Eppure, conoscendolo nel suo disordine, ci si rendeva conto che sotto quell’armatura c’era un’anima delicata, che sapeva prendersi cura delle piccole cose. Con quella delicatezza, la domenica mattina entrava nella serra e passava ore a sistemare le sue piante grasse, e con gli occhi di un bambino le guardava fiorire. Allo stesso modo con cui, a cena finita, si alzava per andare a stagnare due cavi elettrici o imbullonare un pezzo della moto. Oppure quando prendeva il suo ombrellone, nei pomeriggi d’estate, e andava al mare a riposare sotto al sole.

Quel profondo amore per le piccole cose mi è diventato evidente nella malattia, quando ogni istante di pace insieme a lui mi sembrava un regalo. Mi ha fatto capire che in realtà sono proprio le piccole cose le più importanti. Una cena a casa tutti insieme, un sabato mattina in collina, un pomeriggio al mare, un giro in moto, hanno assunto tutto un altro significato.

Ed è proprio questo che mi manca più di lui, il tempo insieme. Ma il tempo semplice, quello nel quale non per forza fai grandi cose o attraversi il mondo. Anche quello nel quale resti in silenzio, ma uno accanto all’altro. Tutte quelle cose che, se non gli dedichiamo il tempo che meritano, poi non tornano più. Il tempo passa, sempre ed inesorabilmente, e una vita di corsa poi finisce per sfuggirci di mano.

Quando mio padre se n’è andato, la cosa che mi ripetevano più spesso per rincuorarmi era che lo avrei ritrovato nelle mie piccole cose. Non gli credevo. Eppure, solo ora, riesco a capire cosa intendessero. Questo progetto, le sue foto, la sua musica, mi hanno permesso di ritrovarlo. Lele è dappertutto, mi parla, mi ascolta, mi guida. Lo ritrovo nelle sue canzoni, nei suoi colori, nei suoi profumi. Lo ritrovo in me.

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